Black Rock - Intervista agli autori
Black Rock, già disponibile in libreria, fumetteria e negli store online, racconta la storia di un villaggio, luogo misterioso e isolato, dove le persone non hanno nome. L’intera cittadina è circondata da un enorme cerchio di cenere, su cui vigila l’impenetrabile figura del Guardiano. Quest’uomo ha il compito di difendere gli abitanti del Villaggio da Loro, esseri innominabili che dimorano tra le evanescenti Montagne Nere. Loro non si fanno vedere, ma di tanto in tanto inviano i Pellegrini, messaggeri che tentano di convincere gli abitanti a varcare il confine e passare dall’altra parte. Chi sono le oscure divinità che abitano oltre l’orizzonte del Villaggio? E chi è il Guardiano, il misterioso protettore del confine di cenere? Ma soprattutto... cosa c’è dall’altra parte?
Il western di Dario Sicchio riesce a mixare l’ambientazione in stile Far West insieme ai misteri paranormali e l’esoterismo. Un Villaggio isolato, circondato da antiche divinità che anelano solo l’essere adorate. Un fumetto nato per la pubblicazione digitale che viene traposto per la prima volta in formato cartaceo in un elegante cartonato, disponibile anche in edizione special con sovracoperta variant di Werther Dell’Edera — a cui di recente è stato assegnato il premio come Miglior Disegnatore ai Lucca Comics & Games Awards 2021 per Something is killing the children — disponibile a Milan Games Week & Cartoomics 2021.
Gli autori
Dario Sicchio è uno sceneggiatore romano classe 1990. Ha esordito come sceneggiatore di fumetti nel 2015. Dopo aver lavorato con tutte le maggiori case editrici italiane come autore e story editor per la piattaforma di webcomics Tacotoon.
Jacopo Vanni è un disegnatore ligure, nato nel 1990, esordisce a Lucca Comics & games nel 2013 con l’albo “The Day of the Power Marshall”. Ha collaborato come illustratore per la casa editrice Editions Soleil
Abbiamo fatto alcune domande ai due autori riguardo l'opera e la sua creazione.
Di seguito potete leggere lintervista completa.
Intervista a Dario Sicchio:
- Come è nato Black Rock?
- Da un 'opportunità. Era il 2016, e alle spalle avevo ancora pochi lavori: il mio webcomic d'esordio (Walter Dice:) e un'autoproduzione (Kingsport). Avevo una gran voglia di mettermi in gioco e di mettere a frutto tutte le cose che avevo imparato con quelle due esperienze. Proprio in quel periodo, due miei colleghi e amici (Jacopo Paliaga e French Carlomagno) decisero di mettere in piedi WILDER, un sito di webcomic gratuiti che aveva come unico scopo quello di radunare gente brava, voci nuove a cui non porre freni o limiti. Mi sembrò l'occasione perfetta e giurai a me stesso che avrei realizzato una storia al 100% mia, che rispecchiasse tutto quello che pensavo di poter dare come autore. Così, presi un mio vecchio racconto breve (mai realizzato) intitolato "Sciacallo" e lo ampliai. Un passo dopo l'altro, nacque BLACK ROCK (che all'inizio doveva intitolarsi Frontier, salvo poi subire un rebranding all'ultimo secondo a causa di una serie omonima di Jonathan Hickman che stava esordendo proprio in quel periodo). Con Francesco Segala e Maria Letizia Mirabella avevo già lavorato per Kingsport e mi sembrò una scelta ovvia chiedergli di proseguire la nostra collaborazione. Jacopo Vanni invece mi capitò letteralmente fra le mani sotto forma di un book il cui stile catturò la mia attenzione. Il progetto era incoscientemente ambizioso: un webcomic da 10 capitoli, di 20-22 tavole l'uno, con una trama intricata che sfidava l'attenzione e la pazienza di un pubblico (quello del web) le cui caratteristiche sono proprio una scarsa pazienza e una ancor minore soglia dell'attenzione (o almeno così ci dicevano tutti). Appena iniziammo a lavorare al fumetto tutti assieme, si creò istantaneamente una chimica incredibile e un grande amore comune per il progetto. Capii subito che il mio intento originario, quello di realizzare un fumetto che fosse al 100% mio, era un'idiozia. Stavo lavorando a un fumetto che era al 100% nostro, ed è stata un'esperienza fenomenale. E la risposta del pubblico, calorosa e dai numeri sempre più importanti, non fece che coronare tutto questo. Ho parlato di nuovo troppo. Lo faccio.
- Quando hai iniziato a scrivere fumetti? Chi ti ha ispirato o avvicinato a questo mondo?
- Eh, questa domanda sfida la mia logorrea, ma cercherò di essere breve. Ho sempre voluto fare i fumetti. Anzi, li ho sempre fatti, sin da quando ero alle medie. Poi, per qualche motivo, decisi che invece avrei lavorato nel cinema e tracciai nella mia mente un itinerario di studi che mi avrebbe impegnato per anno, tutto per raggiungere quello scopo. Ma, nel corso degli anni, l'amore per il mestiere del cinema stava scemando sempre di più, mentre quello per il fumetto restava invariato nel tempo. Tutto questo culminò durante la Lucca del 2012 (il mio primo Lucca Comics) in cui mi inebriai a tal punto di questa mia passione che ebbi un'epifania: dovevo fare i fumetti. Per questo, Lucca è una città a cui sono tanto legato. Per qualche mese rimasi incerto: scardinare un piano di vita scolpito nella pietra anni addietro era difficile. Poi, arrivò il giorno della mia laurea e i miei amici mi fecero un regalo straordinario: un quaderno nel quale avevano raccolto pagine e pagine di incoraggiamenti, richiesti da loro a tutti gli autori e i creativi che ammiravo e seguivo da lettore. Tutti che mi dicevano quanto sarebbe stata dura, ma quanto ne valesse la pena. Quel regalo cambiò tutto e mi diedi una chance. Sono passati 9 anni da allora e non rimpiango nulla: quegli autori (alcuni di loro, oggi, ho l'onore di chiamarli "amici" oltre che "colleghi") avevano ragione... è proprio difficile!
- Black Rock è nato per la pubblicazione digitale per poi diventare un prodotto cartaceo, dove pensi che dia il meglio di sé?
- Sono sempre stato molto legato al fumetto digitale. Ne ho sempre fatti e li amo, credo siano una forma di fumetto con una dignità assolutamente pari ai prodotti cartacei e con una grammatica tutta sua. Ho fatto questa premessa solo per non essere giudicato male quando dirò... BLACK ROCK dà il meglio di sé in volume. Giuro, non l'ho fatto apposta, ma l'ho scoperto rileggendolo in quest'ultima edizione! È una storia oscura, articolata, complessa, un po' discontinua e che sfida l'attenzione del lettore, facendo capire appieno il proprio focus solo attorno al 3-4 capitolo. In un formato episodico su internet, credo che tante cose si perdano e si godano meno. Questo non perché i fumetti sul web siano meno belli di quelli cartacei, ma semplicemente perché io, nel 2016, avevo meno consapevolezza nel farli. Sono in molti quelli che mi hanno confermato questa impressione. Certo, questa edizione in volume ha richiesto un lavoro di adattamento, soprattutto sul fronte del ritmo (ora non voglio dilungarmi in tecnicismi, ma la scansione ritmica di un webcomic verticale è MOLTO diversa da quella percepita leggendo su carta e richiede accortezze diverse), ma posso dire, senza vergogna, che l'edizione cartacea di BLACK ROCK è quella definitiva. Il modo in cui vorrei che tutti fruissero di questa storia che ci è tanto cara. Questo anche e soprattutto grazie al superbo lavoro fatto dai ragazzi di Edizioni BD!
- Senza fare troppi spoiler, a cosa ti sei ispirato per creare l’ambientazione di Black Rock, un mix perfetto di Western ed esoterismo?
- È difficile dirlo. Davvero. Sono uno che elabora le reference in un modo un po' strano. Vedo o leggo qualcosa che mi piace, quella cosa mi lascia con un mood che mi stimola creativamente, ma quello che realizzo a partire da quel mood, spesso, non c'entra nulla con ciò che ha generato la scintilla. In più è stata una storia che è si è sviluppata nel corso di un tempo molto lungo e che è stata contaminata da tante cose. Dentro ci sono una certa fascinazione per la narrazione di McCarthy, l'amore per Morrison, alcune canzoni che ora non ricordo, un mio senso di inferiorità e terrore cosmico dinanzi all'ineluttabile, delle letture suggeritemi da Werther Dell'Edera e un sostrato culturale molto assimilato da una generazione (la mia) forgiata da opere come Lost e Twin Peaks. Ora, BLACK ROCK assomiglia a queste cose? No, decisamente no. Ma è la prova di quello che dicevo all'inizio. Metabolizzo molto le cose che mi influenzano. Oggi direi che opere come GIDEON FALLS sono ciò che speravo di ottenere con BLACK ROCK quando era ancora un'idea informe. Ma è uscito dopo... ed è stato fatto anche da un autore infinitamente più bravo di quanto io potrò mai essere. Per ciò...
- Come ti sei trovato a lavorare con Jacopo Vanni, Francesca Segala e Maria Letizia Mirabella? Con chi ti sei interfacciato di più durante la lavorazione?
- Io, Francesco Segala e Maria Letizia Mirabella ci conosciamo da una vita e, al tempo della lavorazione di questo fumetto, lavoravamo anche nello stesso studio, quindi parlavamo in continuazione. è stato un lavoro talmente simbiotico che mi è difficile ricordare dove è finito l'apporto di uno e iniziato quello dell'altro. Per dire, ricordo perfettamente che l'elemento narrativo del cerchio di cenere è derivato dal logo. ML aveva fatto questo logo che, di per sè era bello, ma non molto caratterizzato. Poi, ci aggiunse questo cerchio attorno, per creare un concetto di "confine", e io pensai: "figo! Sembra un cerchio di cenere!" E così è stato. Oggi non riesco a immaginare l'atmosfera metafisica di questo fumetto senza la palette di Francesco. è stato strano ed emozionante. Già di era una coincidenza incredibile che tre persone che si conoscevano da così tanto tempo finissero a lavorare nello stesso settore, in tre ruoli diversi e complementari. BLACK ROCK ha in qualche modo suggellato e concluso questo congiunzione astrale: durante la lavorazione, le carriere di ciascuno di noi sono decollate e, benché abbiamo lavorato spesso insieme su altri progetti dopo quel momento, quella è stata la fine di un'epoca. Jacopo Vanni era la new entry. L'outsider. Proprio per questo, è stata la figura, per me, più determinante. Quella di cui ho cercato più spesso il parere. Era l'occhio esterno. Quello che aggiungeva una sensibilità diversa al tutto, lontana dalla sinergia che potevano avere tre persone che si conoscevano da così tanto. Ricordo ancora quando vidi il suo primo disegno del Capo nella sua versione adulta, con quelle proporzioni anomale, quelle pose bizzarre... lì sentii che Jacopo non stava solo realizzando fattivamente una storia... la stava trascendendo.
- Come ti è sembrata questa Lucca C&G 2021? È stato piacevole ritrovare l’accoglienza dei lettori?
- È stata una Lucca strana, diversa, un po' malinconica per tanti fattori. Ma l'accoglienza che ha avuto il volume di BLACK ROCK mi ha dato una carica pazzesca! Non solo per tutti i nuovi lettori che l'hanno preso e che lo scopriranno. Ma anche e soprattutto per tutte quelle persone che lo compravano dicendo "finalmente l'avete stampato! Non vedevo l'ora! Mi era piaciuto così tanto!". Avrei potuto piangere ogni volta. Anche da queste risposte, vi sarete resi conto di quanto io sia legato a quest'opera. è quella che mi identifica di più come autore, e a me sta benissimo. Ho scritto alcune delle mie dediche più personali (e forse patetiche) sui volumi acquistati a Lucca. Vedere il volume stampato poi... quasi me prendeva un coccolone per la gioia. Non ringrazierò mai abbastanza la redazione di Edizioni BD per averlo reso possibile. Anche rivedere Jacopo durante le dediche è stato bellissimo... non ci vedevamo di persona dalla Lucca del 2019! Salvo una partita a Keyforge via skype durante il lockdown, dove però abbiamo per lo più chiacchierato e parlato male di Francesco Segala.
Intervista a Jacopo Vanni:
- Come hai conosciuto Dario e come vi siete messi al lavoro sulla creazione di Black Rock?
- Io e Dario ci siamo conosciuti nell'ormai lontano 2016 e dovevo lavorare insieme ad altri disegnatori su un progetto molto più ampio ideato da lui che si chiamava “Grimorio”. Mi sembra fosse un insieme di 4 storie disegnate da 4 diversi artisti e a me sarebbe dovuta toccare quella ambientata nella Death Valley, che parlava del fenomeno delle rocce che si muovo nel deserto. Ora non ricordo bene come andò con esattezza ma più o meno mentre stava lavorando a questo progetto venne fuori la realtà di “Wilder” e gli chiesero un progetto da proporre. Lui dal quel piccolo racconto sul quelle rocce animate ci tirò fuori Black Rock. Di lì a poco abbiamo iniziato a mettere assieme i pezzi, assieme ovviamente agli altri del team, fino a che poi non siamo partiti con la serie, la serialità, la serietà e tutto il resto. Ci siamo conosciuti di persona al Lucca Comics&Games di quell'anno.
- Hai lavorato su Black Rock per il media dei webcomics, che effetto fa vedere i tuoi disegni riportati su carta stampata e nel classico formato a volume?
- Bello, decisamente una soddisfazione non indifferente. Ora nella mia città, ovvero La Spezia, non abbiamo una fumetteria vera e propria, però abbiamo La Feltrinelli dentro al nostro unico centro commerciale. E vedere una bella pila albi di Black Rock esposti all'ingresso è stato piacevolmente strano. Mi sono fatto fotografare dalla mia compagna a fianco all'albo posizionato sulla sua pedana. Probabilmente alla gente intorno e al commesso sarò sembrato un idiota o comunque uno molto strano ma a è giusto per farvi rendere l'idea della sorpresa e dell'emozione. Non sono solito fare queste cose ma meglio immortalare certi momenti no? Potrebbero non ricapitare mai più.
- A cosa ti sei ispirato per il design del Capo? Sembra esserci un forte rimando alla cultura egiziana.
- Mi spiace deludere le aspettative ma non c'è stata una forte ricerca nel desing dei personaggi in generale. Era il primo lavoro un po' più strutturato al quale partecipavo e non avevo idea che si trasformasse in tutto questo. Avevo molta inesperienza alle spalle e praticamente mi sono buttato seguendo le indicazioni di Dario. All'inizio mi ha messo molto in crisi perchè doveva essere più complesso come desing, la testa da sciacallo era una maschera di ferro tipo sadomaso e poi alla fine ne è uscito un qualcosa di decisamente più minimale. E' un personaggio che ho amato in seguito.
- Il Guardiano è il protagonista di questa storia. Imponente, muscoloso ma al tempo stesso affaticato e “stanco”. TI sei ispirato a qualche famoso attore di western in particolare per tratteggiare questo suo portamento?
- Stesso discorso per il guardiano, ovviamente le reference di cowboy generici erano più facili da cercare. Diciamo che Google immagini digerisce meglio come parole chiave “cowboy” invece di “animale antropomorfo con la testa di sciacallo che sembra una maschera sadomaso e con arti più lunghi del normale”. Quindi è stato più facile anche perchè non sono stato abbandonato al mio destino ma sia Dario che gli altri hanno dato il loro fondamentale contributo per arricchire i dettagli. In quel periodo ero molto in fissa con il fumettista James Harren, e avevo visto in Black Rock la possibilità di sfogarmi ispirando il mio disegno al suo. Nei primi studi il guardiano doveva avere un fisico un po' più esile e sfinito, molto più simile al protagonista di “Rumble”, alto con il suo spolverino che calzava un po' largo. Dario invece voleva una figura più imponente. Comunque il guardiano non ha avuto una caratterizzazione solidissima dal punto di vista del disegno, magari lo noto solo io ma è cambiato diverse volte durante i 10 capitoli, ma sia la sceneggiatura che il colore hanno compensato a renderlo poi una roccia.
- Come ti è sembrata questa Lucca C&G 2021? È stato piacevole ritrovare l’accoglienza dei lettori?
- Per me è stata breve ma intensa, prima di tutto per aver riabbracciato Dario dopo penso ormai 2 anni che non ci vedevamo e ovviamente anche per aver rivisto tutti gli altri colleghi di cui oramai a stento ricordavo i loro volti, se non fosse stato per i solcial . E poi come non potervi ringraziare, sia Edizioni BD che Tacotoon per l'invito e l'opportunità. Mi sono sentito molto coccolato dal team anche se in mezzo al delirio non c'è stata occasione per lasciarsi a troppe chiacchere ma nonostante ciò non mi sono mai sentito a disagio. Stare dall'altra parte del tavolo a fare dediche è un'esperienza che non capita spesso e mi ha reso davvero felice e orgoglioso del mio lavoro. Anche se ai primi minuti del firma copie mi sono sentito un po' sotto pressione ma grazie a due amici che hanno preso subito l'albo sono riuscito a rompere il ghiaccio. Da spettatore posso dire che Lucca C&G è mancata parecchio, all'inzio non ci davo peso ma una volta in fiera ho realizzato di quanto sia importante che questa manifestazione venga realizzata tutti gli anni. E' quell'ora d'aria, lo stacco dalla realtà, un evento dove personaggi appartenenti a universi diversi si incontrano, dove potersi sentire ispirati e poter tornare a casa con una carica che ti spinge fino all'anno dopo.
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